IL
PANE DI MATERA
La
storia del marchio da pane è intimamente legata alla cultura
agropastorale di Matera e dintorni e attraverso i significati e gli
usi ad esso attribuiti ed associati, se ne deducono importanti informazioni
circa il modo di vivere, di pensare e di comportarsi della società
del tempo.
Il marchio da pane serviva per timbrare il famoso e rinomato "pane
di Matera" che già nel periodo borbonico, a differenza della
maggior parte degli altri tipi di pane del Sud Italia,veniva realizzato
con la sola farina di grano duro che dava sapore, odore e colore caratteristici.
Il pane, fatto utilizzando solo farina, acqua, sale e lievito, veniva
impastato dalle donne per ottenere, nel caso di famiglie particolarmente
numerose, anche 7-8 panelle a settimana da 5-6 Kg l'una.
L'abitudine di panificare in casa derivava direttamente dall'idea che
comprare il pane fosse un segno di miseria; per questo sia le famiglie
ricche che quelle più povere lavoravano la pasta in casa e poi
a pagamento, lo facevano cuocere nei forni a legna pubblici sparsi nei
Sassi. I fornai davano la forma definitiva alla pasta lievitata, la
timbravano con il marchio da pane di ogni famiglia e la infornavano
onde ottenere la caratteristica "skuaneta" (tradizionale forma
del pane di Matera).
I MARCHI DA PANE
Ogni
famiglia possedeva il suo marchio da pane con cui timbrare la pasta
lievitata prima della cottura in forno. I marchi, realizzati in legno,
venivano custoditi nei forni pubblici o portati dalle donne in occasione
di ogni cottura del pane.
La storia dei marchi da pane ha inizio in un passato non definito e
documentato e termina negli anni '50 allorquando i materani, in seguito
alla costruzione dei nuovi quartieri e all'utilizzo dei più moderni
forni elettrici, si allontanarono dai Sassi e abbandonarono la tradizione
di fare il pane in casa e di cuocerlo nei forni a legna pubblici presenti
negli antichi rioni.
La forma dei timbri prevedeva la divisione in tre sezioni: la base (con
le lettere in rilievo) per incidere la pasta lievitata, la parte centrale
a sviluppo verticale che fungeva da manico su cui era scolpito l'elemento
decorativo e l'apice (non sempre presente) costituito da elementi di
ornato che completano la decorazione del manico.
I marchi da pane sono il frutto della cultura agropastorale; venivano
realizzati essenzialmente " in proprio" dai pastori e dai
massari (o dai contadini). I pastori lavoravano il legno soprattutto
durante il pascolo degli animali allorquando la solitudine, unita alla
lontananza da casa, li spingeva a liberare le proprie emozioni e i propri
pensieri nella realizzazione dei marchi da pane, delle conocchie, delle
stecche da busto e di altri oggetti di legno. Anche i massari e i contadini
realizzavano i timbri per il pane ma, a differenza dei pastori, le creazioni
di questi ultimi erano molto meno ornate e decorate e puntavano ad essere
semplicemente funzionali.
Nella cultura agropastorale il timbro da pane e la timbratura della
pasta lievitata assunsero, oltre alla mera funzione di marchiatura,
anche significati magico-rituali legati al rapporto riproduttivo e di
fecondazione, al concetto di vita, forza, potenza, fertilità,
etc. Per questo la marchiatura della forma di pasta lievitata non veniva
effettuata solo nei forni pubblici per distinguerne il possesso ma anche
nei forni unifamiliari dove, appunto, questa necessità non esisteva;
in quest'ultimo caso però, anziché incidere le lettere
iniziali del capofamiglia, venivano incisi segni e simboli distintivi
che si riferivano al Sole (circonferenze a tratto continuo o punteggiato,
stelle, croci).
E' evidente che il marchio e la marchiatura del pane si inscriveva in
una dimensione rituale e comportamentale più complessa, di contenuto
e riferimento magico-sessuale, evocante l'azione della fecondazione
ripetuta con valore propiziatorio e finalizzata a proteggere simbolicamente
la pasta attraverso il trasferimento per contatto delle caratteristiche
e delle qualità attribuite al segno, nelle sue fasi di trasformazione
nel forno.
I soggetti realizzati nei timbri da pane sono classificabili in quattro
categorie: a simbologia umana, animale, fallica e di ispirazione oggettistico-architettonica.
A prescindere però da questa classificazione, i riferimenti iconico-decorativi
più comuni rinviano quasi sempre all'idea e alla concezione della
fecondità, dell'abbondanza e della prosperità associate
a particolari anatomici femminili (seno e ventre), alla figura umana
completa o alla raffigurazione di determinati animali (come la gallina)
ai quali viene riconosciuta la stessa capacità di "generare".
A questa simbologia si possono affiancare quelli a prevalente significato
di forza, virilità, potenza e ordine imposto dall'alto tipici
dei marchi che raffigurano carabinieri, militari, uomini di sesso maschile
e galli, quelli che simboleggiano fertilità e difesa come le
figurazione falliche o di animali quali cani e volatili o ancora quelli
con valore spirituale e religioso distinguibili dagli elementi decorativi
propri dell'iconografia cristiana (il monogramma di Cristo, la croce,
il sacro cuore).
Oltre alla valenza meramente funzionale e a quella simbolica il marchio
da pane aveva anche un significato sociale; veniva ad esempio donato
da massari e pastori alla moglie del padrone in segno di rispetto, rappresentava
uno dei modi con cui il capofamiglia ricordava alla famiglia, tramite
il pane marchiato con le sue iniziali, la sua autorità e superiorità
o veniva segretamente donato dall'uomo alla donna amata ed utilizzato,
nel caso in cui fosse accettato, come risposta positiva ad una richiesta
di fidanzamento.
Tra le due guerre gli artigiani cominciarono a produrre dei marchi di
ferro assolutamente lineari e privi di elementi simbolici e decorativi,
composti da un manico lungo 15-30 cm e una base discoidale con le sole
iniziali del capofamiglia; la produzione dei marchi da pane cessò,
come detto in precedenza, con il trasferimento in massa dei materani
dai Sassi ai nuovi rioni intorno agli anni '50.